La legge che regolamenta la produzione e la vendita di cannabis legale è stata duramente criticata per alcuni vuoti legislativi che ne hanno reso difficile l’interpretazione. Di certo c’è, però, che è possibile coltivare cannabis legale in casa, per uso personale e senza effettuare la vendita dei prodotti ricavati.
Vediamo come, e a quali condizioni.
Acquistare semi o germogli in negozi specializzati
La prima richiesta fatta a chi coltiva marijuana light in casa è di acquistare i semi o i germogli tramite un negozio dove acquistare cannabis legale. Non tutte le specie di questa pianta sono infatti adatte ad una coltivazione legale: è necessario scegliere semi inseriti in un apposito registro valido in tutta l’Unione Europea.
Un rivenditore o un vivaista sapranno darti tutte le informazioni e sapranno suggerirti le tecniche di coltivazione, i semi con la resa migliore e le indicazioni per rimanere entro i confini di legge.
Conservare la documentazione per 12 mesi
Non gettare fatture, scontrini e cartellini dei semi dopo l’acquisto: la legge prevede che debbano essere conservati per non meno di 12 mesi, per eventuali controlli. Per ogni partita di semi o di germogli già spuntati acquistata dovrai raccogliere questa documentazione e tenerla sempre a disposizione per ogni evenienza e per garantire la tracciabilità del prodotto che hai scelto.
Il contenuto di CBD e THC
Iniziamo dai divieti: il contenuto massimo di THC possibile per legge è dello 0,2%. Sotto questa soglia non è necessario richiedere nessuna autorizzazione o permesso specifico, né notificare la coltivazione alle autorità.
E’ legale coltivare anche marijuana light con un contenuto di THC compreso tra lo 0,2 e lo 0,6%, ma per farlo è necessario darne notizia alle autorità locali: per la difficoltà della procedura i coltivatori generalmente non scelgono queste varietà della pianta, e sicuramente il rivenditore ti consiglierà di fare altrettanto.
Il THC è la molecola che conferisce il potere psicotropo alla cannabis: aumento della fame, euforia, sonnolenza e modeste allucinazioni in soggetti sensibili sono i sintomi classici del suo uso. Per evitare sia guai legali, che problemi di salute, i limiti fissati dalla legge sono estremamente bassi: dunque, la marijuana legale non ha nessun effetto psicoattivo.
Il CBD è la molecola responsabile del rilassamento muscolare e dell’alleviamento dei fastidi e dei dolori. Viene ormai da anni somministrata come terapia sintomatica per numerose patologie, dagli stati di mal di testa cronico alle mestruazioni dolorose, dal trattamento dell’artrite e delle condizioni che rendono difficile l’alimentazione -come l’anoressia- fino al controllo del dolore da chemioterapia.
Il contenuto di CBD concesso dalla legge è estremamente elevato, per garantire l’effetto rilassante e antidolorifico: la maggior parte della varietà ne contiene tra il 15 e il 25%, ma non mancano anche esempi ed ibridi con percentuali più elevate.
In ogni caso, il CBD non ha effetto sulla psiche o sull’attività mentale, dunque non è considerato una molecola drogante inserita nei tabellati del Ministero della Sanità.